mercoledì 29 settembre 2010

Il rapporto Moravia/Morante: 1937-1962 (prima parte)

Enzo Siciliano (1934-2006), scrittore e amico intimo di Alberto Moravia, pubblicò nel 1971 una lunga intervista in cui discussero tra altro il rapporto tra Moravia ed Elsa Morante. (Siciliano, Enzo, and Alberto Moravia. Moravia. Gente Famosa. Vol. 36. Milano: Longanesi, 1971.) 

Benchè avessero troncato il loro rapporto circa nove anni prima dell'intervista di Siciliano, Moravia si ricordava di Morante in modo piuttosto affettuoso. Riproduco qui alcune delle sue risposte alle domande per creare un'intervista "virtuale" sul rapporto Moravia/Morante.

Moravia conobbe la sua ex-moglie il novembre del 1936, però incominciò il loro rapporto nel 1937, al ritorno di lui della Cina. Dopo il loro matrimonio, sono andati ad abitare insieme in via Sgambati a Roma. Moravia si ricorda della liberazione di Elsa della povertà, così sottolineando l'importanza di "una stanza tutta per sé", cioè la minima base economica necessaria per entrare nella sua carriera letteraria.

«Quando l'ho conosciuta, Elsa abitava in un piccolo appartamento molto carino a corso Umberto. Non aveva letteralmente di che mangiare. Viveva compilando tesi universitarie. Non era capace di fare altro: era molto accurata nelle ricerche e scriveva bene. Mi ricordo che fece una tesi su Albertazzi e un'altra su Lorenzino de' Medici; me ne parlava continuamente. Quando ci siamo sposati, ho dovuto pagare le sue cambiali; neanche io avevo molti soldi e dovetti pensare a come guadagnarli.»

A quest'immagine di un' Elsa giovanissima e affamata, Moravia aggiunge una storia che a mio parere potrebbe essere una delle tante storielle morantiane; lei aveva una tendenza a fabbricare la storia della propria vita. Infatti quando facevo la ricerca per la tesi trovavo spesso nelle varie biografie di Morante certi errori (più spesso sulla data di nascita di Morante, che ho sempre visto come una piccola vanità dalla parte di lei di rendersi più giovane); questi errori vengono attribuiti dagli studiosi a lei stessa. Ed è così, credo, che troviamo Moravia narrando a Siciliano la seguente storia di un amore violento e sfortunato che a me sembra poco verace, quasi un Morte a Venezia o una poesia di Kavafis traslocata al Mezzogiorno. Ciò nonostante, già è ben notato che Morante era attratta dagli uomini gay in un certo senso.


«Era scappata di casa e si era innamorata di un inglese, un omosessuale che ammazzò davanti a lei il proprio amante. Lo ammazzò sotto i suoi occhi durante una festa. L'amante gli disse: 'Spara, spara'. E l'inglese sparò. Lei ne ebbe un trauma fisico: si ammalò. Lui finì in galera. Era di quegli inglesi estetizzanti che amano il sud, e non era privo di intelligenza. Quando scoppiò la guerra, l'ambasciata ottenne da Mussolini la grazia, e lui se ne tornò in Inghilterra.»


E in quel periodo lei anche scriveva...

«Nel '37 stava scrivendo i racconti di Gioco segreto che uscirono nel '38. Aveva una sconfinata ammirazione per Kafka. Anche a me piaceva Kafka, amavo molto La metamorfosi, ma avevo una certa diffidenza per il meccanismo delle sue strutture narrative. A quel tempo Kafka lo leggevano in Italia, era in qualche modo di moda: Buzzati cercava di imitarlo.»

Siciliano scrive che i cinque anni tra il '55 e il '60, è un tempo in cui c'era "una crisi psicologica di Moravia" ed in cui il matrimonio Moravia-Morante costituiva "una delle leggende della vita letteraria
italiana degli anni cinquanta."

E come giudica Moravia retrospettivamente il suo rapporto con Elsa?


«Ho conosciuto Elsa nel '36; ci siamo separati nel '62. È stato un rapporto durato più di venticinque anni. Direi che un matrimonio che dura venticinque anni è un matrimonio particolarmente riuscito. (...) Forse tra noi due si era cristallizzata una forma di rivalità psicologica. Ma è vero anche che non so neppure io quali sono stati i miei veri rapporti con Elsa. Mi sembra che sia stata lei a volerli troncare. Cioè, ho idea che abbia reso la nostra vita talmente difficile che sentivo che avrei rasentato la follia se non ci fossimo separati.

« Quando l'ho incontrata era la persona più delicata che avessi mai conosciuto. Col passare del tempo, però, ha letteralmente cambiato carattere. Ha preso sempre più consistenza dentro di lei una forma di disperazione negatrice e aggressiva. Questo riguarda essenzialmente il legame che ha con me, che per altri versi è anche dei migliori e dolce. Perché Elsa è una creatura di una ricchezza umana realmente eccezionale: e per questo la sua presenza nella mia vita non si smaltisce con semplicità.
 
« Devo dire che mi ha dato moltissimo: mi ha aiutato a uscir fuori dai valori della borghesia, a guardarli con un occhio critico, con un occhio più sagace. Mi è stata accanto nei momenti più difficili della mia esistenza, al tempo della discriminazione razziale, durante gli anni più duri della guerra e dell'occupazione tedesca. In cambio le ho dato sicurezza. Nel '36 era una ragazza con cui la vita non era stata clemente. Da allora in poi, a tutt'oggi, ha potuto fare tutto quello che ha voluto: non ha più avuto bisogno di lavorare per vivere. E credo che questo, per uno scrittore, sia moltissimo. »

venerdì 24 settembre 2010

Musica e poesia: Hans Werner Henze e Elsa Morante

Hans Werner Henze

Hans Werner Henze. CreditErich Auerbach/Hulton Archive, via Getty Images

Il compositore tedesco Hans Werner Henze (1926-2012), fuggì la Germania negli anni cinquanta per l'Italia. Dopo un periodo di residenza sull'isola di Ischia, Henze parto in gennaio 1956 per Napoli e poi Roma, dove trascorreva molti anni.  Collaborava a lungo con la poeta tedesca Ingeborg Bachmann.  
Comunquen nel 1963 ha scelto di basare una composizione sulla poesia di Elsa Morante:
Cantata della fiaba estrema (1963)
http://www.amazon.com/gp/product/B000XXR02A
http://archiviostorico.corriere.it/2010/febbraio/14/luce_Roma_nella_mia_musica_co_9_100214059.shtml

"La luce di Roma nella mia musica" di Cappelli Valerio Pagina 35 (14 febbraio 2010) - Corriere della Sera

Brevi soggiorni a Ischia e a Roma, dove fu accolto alla corte di Visconti: «Incarnava lo charme, volendo, poteva essere molto violento e aggressivo, era circondato da gente piena di splendore e arroganza, mi sentivo fuori posto»; frequentò Elsa Morante: «Era il mio punto di riferimento, coi suoi begli occhi miopi che tradivano i sentimenti, musicai una sua poesia d' amore, Alibi, purtroppo litigammo e lei era radicale in questi "divorzi"»
Video della Cantata della fiaba estrema (1/3)


Video della Cantata della fiaba estrema (2/3)




Video della Cantata della fiaba estrema (3/3)

giovedì 16 settembre 2010

Una gattara di mio gusto

Autoritratto con due gatti; da Le bellissime avventure di Caterì dalla trecciolina
Non è per caso che Elsa Morante si rappresenta accompagnata da due gatti!

Però vorrei disegnare prima la sua visione degli animali in generale: tutti gli animali, secondo Morante, sono ancora in uno stato di grazia, per non aver mangiato il frutto della scienza nel paradiso terrestre (per così dire); perciò gli animali non solo non hanno la conoscenza del bene e del male, ma anche offrono a noi una compagnia priva delle "guerre faticose della speranza e dell'orgoglio." Insiste Morante, "Grazie a loro, noi possiamo incontrare, sulla terra, uno sguardo vivente che ci dichiari l'amicizia più tenera, senza nessuna ombra di giudizio!" E conclude la nostra, "Infelice l'uomo che ignora le consolazioni di simile amicizia!" E chi torna alle opere morantiane--a La Storia con la cagna Bella o a Menzogna e sortilegio con il misterioso gatto Alvaro o all'Aracoeli in cui Manuele si ricorda tristemente di un cagnetto perduto nell'infanzia--vedrà quell'amicizia.

Comunque, existe per Morante tra quegli esseri beati un re, "il vero re degli animali", ed è il gatto siamese.  (Morante, Elsa, Cesare Garboli, and Carlo Cecchi, eds. Opere. Vol. 2. 2 vols. Milano: A. Mondadori, 1988, p. 1475-1477)

Nella collezione di poesia Alibi ci sono due poemi che si trattano dei gatti: "Minna la siamese" e "Il gatto all'uccellino." "Minna" offre un ritratto di una gatta siamese e il suo tempo, così diverso dall'umano: 


Se penso a quanto di secoli e cose noi due divide, 
spaúro. Per me spaúro: ch’essa [Minna] di ciò nulla sa.
Ma se la vedo con un filo scherzare, se miro
l’iridi sue celesti, l’allegria mi riprende.
"Celeste", parola che ci riporta all'idea morantiana degli animali come abitanti dell'Eden e ai giovani eroi dei romanzi (Eugenio, Edoardo, Useppe e Wilhelm, tutti dagli occhi celesti) e dei racconti ("I due zaffiri", "La nonna").


"Il gatto all'uccellino", del 1957, anno stesso della pubblicazione de L'isola di Arturo, invece ci racconta  la caccia di un uccello dalla prospettiva felina. Sottotitolato "scherzo", termine che evoca la musica mozartiana così importante alla fine de L'isola di Arturo, il poema è una danza bramosa e carnale ("O vita della mia carne, alato sangue...")

 Sul filo periglioso tu, pieno di grazia
ti posavi, e in un volo a me ti rubi:
a me che giro digiuno in cerchi insani,
io futile minotauro negato al volo.

E il poema atterra in modo scherzante con il verso: "E un topolino di terra fu la mia preda."

...

In una memoria pubblicata nel 1988 Luca Fontana descrive Elsa Morante stessa come una gatta da occhi di colore viola. (Fontana, Luca. "Elsa Morante: A Personal Remembrance." PN Review 14.6 62 (1988): 18-21.)
Fontana ci spiega (che cito qui nella lingua originale in cui l'ho trovato): "To cats she devoted an affection bordering on Egyptian worship... 'Cats', she maintained, 'are not tame animals like dogs. They have chosen to live with us; to an extent cats are parasites of man - we are nothing but the right environment for them.' All the cats of Rome, the million cats which live in the ruins, knew her personally, and she knew them too. She used to give a name to any stray cat that crossed her path, and she could recognize him or her years later. Besides caring for her own many Siamese cats, her private worship consisted in going out late at night, wandering through ruins and fora with two huge carrier-bags filled with tripe, sweetbreads and any possible delicacy, and feeding as many as possible. She wasn't alone in these expeditions - she used to meet dozens of other ladies adept in the same cult, which is still quite widespread in Rome among old, lonely women with a meagre pension; they are popularly known as le gattare, the cat-ladies. During these nights she underwent a metamorphosis; even in appearance she became one of them, speaking the same brand of Roman dialect, turning a perfect gattara. She would sit on a worn step or a toppled capital and chat away for hours. She knew all their stories, and in her handbag she often had a few envelopes with some money for those of them who were more in need."
E secondo William Weaver, nel suo Open City: Seven Writers in Postwar Rome, Morante sempre rifiutava regolarmente di mangiare a una certa trattoria perchè credeva che il proprietario trattava male il suo gatto!

domenica 12 settembre 2010

Procida: Novità letterarie

Generata dalla lotta fra Zeus e i giganti secondo il mito, Procida è una delle isole flegree nel golfo di Napoli; le altre sono Ischia, Vivara e Nisida.  Si può ammirare la grande bellezza di Procida sulla rete qui.

Il secondo romanzo di Morante, L'isola di Arturo, è ambientato nell'isola di Procida e l'autrice stessa ha passato più di un'estate lì a mio parere. L'affetto che nutriva per l'isola è espresso palesemente nel romanzo, per esempio all'inizio si legge: "Ah, io non chiederei di essere un gabbiano, né un delfino, mi accontenterei di essere uno scorfano, chè il pesce più brutto del mare, pur di ritrovarmi laggiù, a scherzare in quell'acqua." Citazione che viene utilizata spesso nei siti turistici procidani!
E l'altro ieri per la prima volta ho sentito la voce della Morante in un'intervista che ho trovato sul blog di Procida, in cui dichiara che Procida è "una delle isole più belle che ho mai conosciuto":



Inoltre è ora di pensare a Procida perché sabato il 18 settembre ci sarà la serata dedicata alle premiazioni della XXIV edizione del Premio Letterario "Procida, isola di Arturo Elsa Morante" Edizione 2010.
Il premio letterario organizzato dall'assessorato alla Cultura del Comune di Procida con il patronato del Presidente della Repubblica e della Regione Campania, si articola in tre sezioni:
- Sezione narrativa e poesia
- Sezione saggistica
- Sezione traduttori
- Sezione "All'isola" riservata a tesi di laurea sull'isola realizzate nell'ultimo anno.
-Sezione per il miglior libro straniero

C'è anche un premio per la letterature per ragazzi che era già annunciato il 21 maggio 2010--la locandina è bellissima.

Altre novità letterarie di autunno: ho saputo che fra poco sarà disponibile in libreria un nuovo volume intitolato L'isola nomade, racconti per Procida che raccoglie i testi di dodici scrittori, sempre sulla Procida.

La prefazione è di Dacia Maraini; gli scritti sono di Maria Attanasio, Enzo Colimoro, Piera Degli Esposti, Raffaele La Capria, Luciano Ligabue, Dacia Maraini, Antonio Carannante, Michele Mari, Piero Meldini, Alberto Mario Moriconi, Tjuna Notarbartolo e Toti Scialoja.

venerdì 3 settembre 2010

Teatro Morante: 'La canzone degli F.P e degli I.M.'

"Che significa F.P.? Si tratta di un'abbreviazione per Felici Pochi.
E chi sono i felici pochi? Spiegarlo non è facile, perché i Felici Pochi sono indescrivibili.
Benché pochi, ne esistono d'ogni razza sesso e nazione e poca età società condizione e religione. Di poveri e di ricchi (però, se nascono poveri, loro, in generale, tali rimangono, e se nascono ricchi, presto si fanno poveri) di giovani e di vecchi (però difficilmente loro arrivano in tempo a farsi vecchi) di belli e di brutti (a vero dire, loro pure quando siano volgarmente intesi brutti, in REALTÀ sono belli; ma la REALTÀ è di rado visibile alla gente... 
Insomma. Obiettivamente, per giustizia, qua si certifica, in fede, che gli F.P. sono tutti e sempre bel-lis-si-mi, anche se per suo conto la gente non lo vede).
[...] E che significa I.M.? Si tratta, ovviamente, anche qui d'una abbreviazione per Infelici Molti. E chi sono gli infelici molti? Sono TUTTI gli altri [...]".



da «Il mondo salvato dai ragazzini» di Elsa Morante

Teatro della Albe, stagione 2009


Racconta Marco Martinelli, regista della lettura pubblica e teatralizzata "La canzone degli F.P. e degli I.M." che era rappresentata nel 2009 a Teatro delle Albe a Ravenna (la prima nazionale era al VIE Scena Contemporanea Festival, Modena, Biblioteca Civica d'Arte Poletti, il 28 ottobre 2005): "Elsa Morante da sempre ci accompagna nel nostro lavoro. Ora, a vent'anni dalla morte [nel 1985], di lei si parla poco. Quello che ci ha toccato è che, oltre ad aver previsto la grande omologazione e il regno degli 'Infelici Molti', possedeva una sorta di 'premura rivoluzionaria'". 

"La canzone degli F.P. e degli I.M." sul palcoscenico (2009)
Il pazzariello, personaggio centrale a quell'opera fantastica morantiana senza genere 
Il mondo salvato dai ragazzini, accompagnato da un medico e due infermieri, racconta la "Canzone". 

Ho trovato delle recensioni positive sulla rete (peccato che io non abbia avuto l'opportunità di stare alle rappresentazioni!). Renato Palazzi scrive: "Con scelta acremente provocatoria, Martinelli affida le parole del testo a una figura che risulta essere il paziente di un manicomio, inseguito da un medico e due infermieri. Soprattutto questi ultimi provano a soffocarne la vocazione alla diversità, malmenandolo, legandolo, impedendogli di parlare: ma lui, tenero e inarrestabile, con insistenza stralunata riesce a convincere il dottore e forse, per un attimo, persino i due bruti."
La quarta di copertina de Il mondo salvato dai ragazzini con ritratto d'autore 

mercoledì 1 settembre 2010

Moravia/Morante: la sorella di Shakespeare?

Alberto Moravia e Laura Morante, la nipote di Elsa
Qualche anno fa ho trovato un foto saggio, una serie di ritratti di Alberto Moravia, già invecchiato, con l'attrice Laura Morante, la nipote di Elsa.

La somiglianza tra Elsa e Laura mi aveva fatto una grande impressione.

Mentre guardavo le foto mi venne in mente il saggio famossisimo della Woolf in cui immagina la sorella di Shakespeare-- la frustrazione delle sue ambizioni, il silenzio della storia, l'impossibilità della sua voce e di ricostruire quella voce perduta.



Moravia
Moravia era un gran ammiratore della sua (ex)moglie; anche Lukacs, Pasolini, e come ci raccontano Stefania Lucamante e Sharon Wood nell'unico volume scolastico importante disponibile in inglese sulla Morante, Under Arturo's Star: The Cultural Legacies of Elsa Morante (West Lafayette, Indiana: Perdue UP, 2006), tante altre scrittrici italiane; comunque oggi la Morante resta sconosciuta nel mondo anglofono, benché avesse tradotto la Katherine Mansfield, scrittrice lodata neozelandese, e ché riflettesse nei romanzi suoi tante delle preoccupazioni della letteratura femminile del mondo anglofono.



Le mani di Moravia
In questi giorni sto provando a convincere una casa editrice di pubblicare una mia traduzione del capolavoro morantiano, Menzogna e sortilegio. Già ho ricevuto una risposta negativa, spiegando che non c'è abbastanza interesse negli Stati Uniti e che i diritti del libro costano troppo... Coraggio!

Aggiornamento (il 3 settembre):
Ho spedito una bozza del prologo del romanzo Menzogna e sortilegio (che avevo già tradotto per la gara della British Comparative Literature Association) a un giornale accademico, Journal of Italian Translation... vediamo!